E' l'affermazione di Andrea Domenici nel bell'articolo di Sara Mauri (twitter @SM_SaraMauri) e che fa riflettere sul mercato della musica in Italia.
Negli anni ho potuto verificare come tale affermazione sia vera.Ho ascoltato ottimi musicisti jazz che a fatica trovano date per serate e concerti.
Ho analizzato l'Italia dei locali Jazz dove a parte le promesse e alle non-risposte non ottieni contratti.
Ho studiato il Paese di Festival Jazz (quasi ogni città ne organizza uno) e ti accorgi che girano sempre gli stessi nomi.
Ho letto di nostri musicisti che vengono notati altrove.
Avvenire |
"La crisi del jazz attuale è la crisi del mondo attuale. "Questo lo scriveva Franco Pecori - la Repubblica 1980
Parla di un mondo diverso, di esigenze diverse e di bisogni diversi, ma di sicuro c'è che qualsiasi forma di cultura, e la diffusione della stessa, siano riflesso e conseguenza del mondo in cui vive.
E chiudo con una domanda, anzi con LA DOMANDA (che si pongono Balestri e Malaguti nel testo Organizzare musica - Editore Francoangeli):
Perchè il jazz non è sostenuto da adeguati investimenti
privati?
Ma solo da poche associazioni culturali e
dalla pubblica amministrazione, tanto da far diventare assistenzialismo l'attività
volta al riuscita del genere?
Concordo con loro che sostengono che per risollevare il settore sia necessaria una mediazione tra fatto artistico, piano economico e progetto gestionale/organizzativo.
Ovvero anche la musica necessita di capacità organizzative e progettuali e nuove forme di comunicazione perché vi siano la competenza e l'umiltà di "chi la fa" e la consapevolezza e il rispetto di "chi la organizza".
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